Festival Internazionale del Cinema di Roma 2010
La prima riflessione che viene da fare è sul titolo. Ce n’est qu’un début – “Non è che l’inizio” – richiama un famoso slogan del Maggio Francese: Ce n’est qu’un début continuons le combat.
Il riferimento a questioni di natura politica non è casuale. Intanto perché Jean-Pierre Pozzi, autore insieme a Pierre Barougier del film, sembra essere anagraficamente vicino ai vari Daniel Cohn-Bendit e Alain Geismar, ma più ancora perché durante il dibattito seguito alla proiezione al Festival del Cinema di Roma se ne è fatto direttamente cenno. Che la cultura, come il caro Tremonti ha recentemente tenuto a sottolineare, non sia in cima alla lista delle priorità della nostra classe dirigente è un fatto risaputo, sotto gli occhi e nelle esperienze di tutti, ma che questo avvenga anche in un Paese come la Francia notoriamente sensibile alle tematiche della scuola e dell’istruzione, lascia in bocca un retrogusto amaro. C’è tuttavia da notare che, a dispetto di monsieur Sarkozy, almeno oltralpe si prova a dare un senso alla seconda parte dello slogan studentesco, documentando e diffondendo idee se non con le barricate almeno con la macchina da presa.
Ce n’est qu’un début è un bellissimo e emozionante resoconto di due anni di laboratorio filosofico condotto in una scuola materna dell’Île-de-France. Bambini di 4 e 5 anni discutono e si interrogano su grandi temi a cui noi oggi forse abbiamo derogato con troppa facilità per pigrizia o disillusione: l’amore, la morte, le regole, le differenze, l’amicizia, la libertà, il potere. Il filo del pensiero e della riflessione si dipana attorno a una candela accesa, forse un omaggio alla lucerna di Diogene, che all’inizio determina i confini entro cui sviluppare il dibattito e che dopo poco diventa solo un simbolo perché, come si arriva a capire, nulla può mettere confini o limiti al pensare.
Quello che colpisce è la freschezza e il disincanto. Non è come potrebbe sembrare uno sguardo morboso e divertito sul mondo infantile per ricavarne suggerimenti o suggestioni di russeauniana memoria, non si tratta di avvicinarsi nelle vesti di un antropologo a un mondo che presto si sa vedrà incanalato e giustamente inglobato nei flussi consolidati delle relazioni sociali degli adulti; qui si scandaglia la capacità umana di formarsi un’opinione, quanto il dialogo e il confronto rappresentino il solo modo per operare scelte consapevoli, la possibilità di accorgersi del tarlo presente in una linea di pensiero e di rivedere le proprie posizioni.
E a questioni astratte tipo “Cos’è l’intelligenza?” si risponde con un disarmante “È quella cosa che ti fa capire che non bisogna mettere la nutella in frigo“. C’è da chiedersi tuttavia cosa succederà quando questi bambini si accorgeranno della distanza siderale che li separa da una società che non chiede loro di esprimersi ma solo di conformarsi.
Del film si potrebbe anche parlare dal punto di vista tecnico, e sarebbero solo elogi, quello che invece preme sottolineare qui è la delicatezza e il garbo che hanno permesso alla macchina da presa e alla troupe di diventare non solo completamente trasparenti ma protagonisti insieme ai bambini e alle insegnanti del laboratorio didattico. Una qualità rara. Il progetto è stato avviato in una scuola di periferia (la Jacques Prévert di Le Mée- sur-Seine, una ZEP – zone d’éducation prioritarie) dove più si avvertono le tensioni dell’integrazione multietnica, ma non sappiamo se l’esperimento avrà un futuro né tanto meno se da noi ne avrà questo film bello e coraggioso.
Ce n’est qu’un début (Just a Beginning), Francia, 2010
97′ colore, lingua originale francese
regia Jean-Pierre Pozzi, Pierre Barougier
sceneggiatura Jean-Pierre Pozzi, Pierre Barougier, Cilvy Aupin
fotografia Jean-Pierre Pozzi, Pierre Barougier, Matthieu Normand, Andres Mendoza
montaggio Jean Condé
produttore Cilvy Aupin
produzione Ciel de Paris Productions (Francia)
distribuzione internazionale Le Pacte (Francia)